1^ canto dell’Inferno.
Virgilio.
Ai piedi di un colle. A metà del canto, il poeta, dopo che la lupa gli è venuta incontro, risospingendolo gradualmente là dove non risplende il sole, narra che, frattanto che è costretto a scendere a valle, di fronte agli occhi gli si presenta chi appare indistinto per la lunga assenza di luce. Quando vede costui nel grande pendio solitario, grida a lui: «Abbi pietà di me, chiunque tu sia, o mera apparenza od uomo vero!».
Gli risponde: «Non sono un uomo, un uomo già lo fui, e i miei genitori furono lombardi, ambedue mantovani quanto alla città. Nacqui ai tempi di Giulio Cesare, quantunque fosse dopo il tempo conveniente e opportuno, e vissi a Roma sotto il valente Augusto nel tempo degli dèi mendaci e ingannevoli. Fui poeta, e scrissi in poesia intorno a quel giusto figliolo di Anchise che venne da Troia, dopo che la superba Ilio fu bruciata. Ma tu perché ritorni a tanta pena? perché non sali il dilettevole colle che è inizio e causa di perfetta letizia?».
«Ora sei tu quel Virgilio e quella sorgente che spande un così ubertoso fiume di eloquenza?», egli risponde a lui con l’aspetto del volto vergognoso.
Dunque Virgilio, o meglio Publio Virgilio Marone. Uno dei più grandi poeti della letteratura latina. Nato ad Andes, nei pressi di Mantova, nel 70 a.C., a Napoli frequentò la scuola epicurea di Sirone. Colpito dalla confisca delle terre a favore dei veterani della battaglia di Filippi (42 a.C.), si trasferì a Roma, segnalandosi subito all’attenzione con la pubblicazione delle Bucoliche, dieci egloghe (componimenti di argomento pastorale) scritte tra il 42 e il 39 a.C.
Entrato a far parte del circolo di Mecenate, strinse un forte e duraturo legame con Ottaviano, il futuro Augusto, Orazio e Vario Rufo. In Campania, tra il 37 e il 30 a.C., compose le Georgiche, un poema didascalico ispirato alle Opere e i giorni di Esiodo. E l’anno successivo, incoraggiato da Ottaviano, pose mano alla stesura dell’Eneide, la leggendaria storia di Enea fuggito da Troia in fiamme e approdato sulle coste del Lazio, dove divenne il progenitore degli antichi Romani. Dieci anni dopo fece un viaggio in Grecia e al ritorno morì a Brindisi. Le sue spoglie furono trasportate a Napoli grazie a Ottaviano.
@ OR SE’ TU QUEL VIRGILIO E QUELLA FONTE
Soave …
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Ah che trasporto in queste righe, e si !
Il tuo articolo sta a noi quanto Dante ispira e stimola te, grazie Carlo Rocchi !
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OK. Dante intramontabile.
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