5^ canto del Purgatorio.
Bonconte da Montefeltro.
Nell’Antipurgatorio. Secondo balzo. Pendici del Purgatorio. Bonconte da Montefeltro dice al poeta: «Deh, possa realizzarsi quel desiderio che ti conduce verso la sommità del monte, soccorri il mio con vera pietà cristiana! Io fui dei Montefeltro, io sono Bonconte; Giovanna e gli altri parenti non si curano di me; per cui io cammino tra costoro a capo chino».
Bonconte da Montefeltro, collocato da Dante nell’Antipurgatorio tra i negligenti “morti per forza”, fu figlio del conte Guido da Montefeltro (il famoso condottiero ghibellino incontrato dal poeta tra i consiglieri fraudolenti, Inferno, 27^ canto), e nacque intorno alla seconda metà del Duecento. Distintosi particolarmente nel 1287 nelle lotte tra i Guelfi e i Ghibellini aretini, fu tra i protagonisti principali della cacciata dei primi dalla città.
L’anno successivo fu uno dei comandanti che portarono allo scontro vittorioso con Siena alla Pieve del Toppo. Nel 1289 guidò i Ghibellini aretini nella guerra contro Firenze, comportandosi con valore nella battaglia di Campaldino (l’11 Giugno), dove morì. Non venne mai ritrovato il suo cadavere, e probabilmente fin dal giorno dopo nacque qualche leggenda per spiegare la misteriosa sparizione dello stesso; quindi, il racconto che ne fa il poeta, per bocca dello stesso Bonconte, nel prosieguo di quanto riportato in apertura nel momento in cui i due s’incontrano, si ritiene essere frutto della fantasia dantesca.
Aveva sposato una tale Giovanna, la quale, stando sempre a Dante, doveva essere ancora viva nel 1300. Ne ebbe una figlia, Manentessa. Quanto egli dice al poeta “Giovanna o altri non ha di me cura”, sembra riferirsi ad altre persone della sua casata (il fratello Federico o il conte Galasso di Montefeltro, che, avendolo dimenticato, non pregavano per lui in modo tale da affrettare la sua purificazione per poter ascendere in Paradiso.
Chiosa la Chiavacci Leonardi: “Dante, che partecipò alla battaglia (di Campaldino, ndr) nella schiera opposta, ne fa qui una figura mesta ed elegiaca, condotta in controcanto a quella cupa e tragica di Guido: le lacrime del figlio, che nella morte chiude le braccia facendo croce di se stesso, danno forte risalto al chiuso ed impenitente rancore del padre, e allo stesso tempo questa salvezza vuol essere, forse, un conforto a quella perdizione”.
@ IO FUI DI MONTEFELTRO, IO SON BONCONTE
Fonti: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970
Purgatorio, Anna Maria Chiavacci Leonardi, Mondadori 1994 e successive ristampe