Guarda la mia virtù s’ell’è possente

2^ canto dell’Inferno.

Il timore di Dante.

Sulla piaggia diserta. Il poeta dice a Virgilio: «Poeta che mi guidi, guarda se il mio valore è capace, prima che tu mi affidi all’arduo passaggio. Tu dici che il genitore di Silvio, ancora mortale, andò nell’eterno mondo dell’aldilà, e fu con il corpo. Perciò, se il nemico di ogni peccato fu munifico con lui, pensando all’eccellente risultato che sarebbe derivato da lui, sia nella sua essenza sia nella sua qualità non sembra disdicevole a chiunque abbia mente sana; poiché egli fu prescelto nell’Empireo come progenitore della nobile Roma e del suo impero: la quale e il quale, per dire le cose come stanno realmente, furono destinati come luogo santo in cui risiede il successore di san Pietro.

«In questo viaggio per cui tu gli attribuisci la gloria, udì concetti che furono causa della sua vittoria e dell’autorità papale. Vi andò poi l’Apostolo che accolse in sé la volontà di Dio, per trarne stimolo a quella fede che è il principio alla via della salvezza. Ma io, perché venirvi? o chi permette ciò? Io non sono Enea, non sono san Paolo; né io né altri mi ritengono idoneo a ciò. Per cui, se io mi lascio indurre quanto al venire, temo che l’andare sia dissennato. Sei saggio; comprendi meglio di quanto esprima».

Attraverso questo esteso ragionamento, Dante manifesta a Virgilio il suo timore di affrontare il viaggio per i regni ultraterreni prospettatogli proprio da costui, al termine del quale riceverà come premio la salvezza dell’anima. A tal proposito, secondo la Chiavacci Leonardi, “il problema che qui si pone è alla base stessa del viaggio (e del poema): come può essere che un semplice mortale, e per di più peccatore, degno di tale impresa, già concessa ai due uomini – Enea e Paolo – che ebbero il compito di restaurare nell’umanità l’ordine politico e quello religioso? Dante non ha a questo nessun titolo, e mai – né qui né altrove nella Commedia – si celebrerà un suo qualunque diritto a tale missione. E proprio Enea e Paolo, di cui il poeta è stato invitato a ricalcare le orme, danno fin dall’inizio una dimensione storica e civile a questa vicenda di salvezza, preannunciando il secondo significato del viaggio”.

@ GUARDA LA MIA VIRTÙ S’ELL’È POSSENTE

Fonti: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970

Inferno, Anna Maria Chiavacci Leonardi, Mondadori 1991 e successive ristampe

 

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