Io fui d’Arezzo, e Albero da Siena

29^ canto dell’Inferno.

Griffolino d’Arezzo.

Nell’ottavo cerchio dell’Inferno, Malebolge. Decima bolgia. Griffolino d’Arezzo dice a Dante: «Io nacqui ad Arezzo, e Albero da Siena mi fece mettere al rogo; ma ciò per cui io morii non mi ha fatto arrivare qui».

Griffolino d’Arezzo, posto dal poeta nella decima bolgia di questo cerchio tra gli alchimisti o falsatori di metallo, fu bruciato vivo in qualità di eretico prima del 1272. Di lui si occupò il Lana, tra i primi commentatori della Commedia, il quale scrisse a proposito della sua fine: “Questo Aretino fu una scritturata persona, sottile e sagace, ed ebbe nome maestro Griffolino; sapea e adoperava quella parte d’alchimia che è appellata sofistica, ma facealo sì secretamente che non era saputo per alcuna persona.

“Or questo maestro avea contezza con un Albero, figliuolo secreto del vescovo di Siena, e questo Albero era persona vaga e semplice; ed essendo un die a parlamento collo detto maestro Griffolino, e per modo di treppo lo ditto maestro disse: ‘S’io volessi, io anderei volando per aire come fanno li uccelli e di die e di notte’…

“Questo Albero si mise le parole al cuore, e credettelo; infine strinse lo detto maestro ch’elli li insegnasse volare. Lo maestro pur li dicea di no, come persona che non sapea fare niente. Costui li prese tanto odio addosso, che ‘l padre predetto, cioè il vescovo, li informò una inquisizione addosso e fello ardere per patarino”.

@ IO FUI D’AREZZO, E ALBERO DA SIENA

Fonte: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970

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