29^ canto dell’Inferno.
I falsari.
Nell’ottavo cerchio dell’Inferno, Malebolge. Decima bolgia. Il poeta narra: “Non credo che a vedere in Egina il popolo tutto ammalato fosse un più intenso spettacolo doloroso, quando l’aria fu così impregnata di germi di corruzione pestilenziale, che gli esseri viventi, fino al piccolo verme, caddero tutti senza vita, e poi gli abitanti antichi, a seconda di ciò che i poeti ritengono come cosa sicura, furono rigenerati dalla stirpe delle formiche; di quello che era a veder patire in quella bolgia buia gli spiriti divisi in orribili mucchi”.
I falsari, collocati da Dante nella decima bolgia di questo cerchio, sono, per il Sapegno, “peccatori di natura diversa: gli alchimisti o falsatori di metallo, affetti da lebbra o scabbia, i falsatori di persone, malati d’idrofobia, i falsatori di monete, idropici, e i falsatori di parole, tormentati da una febbre ardente”.
Il Fraccaroli, tra i commentatori più recenti della Commedia, ha rilevato, invece, che l’ultimo posto del terzo gruppo dei fraudolenti è quello in cui l’odio si sostituisce all’amore, tale essendo la condizione morale dei consiglieri fraudolenti (ottava bolgia), dei seminatori di discordie e di scismi (nona bolgia) e appunto dei falsari. Ma per questi ultimi, “il loro mal animo verso il prossimo è tale che si avvicina al tradimento”. Infatti, dopo di loro e il pozzo dei giganti, troveremo i traditori. Nel nono e ultimo cerchio dell’Inferno.
@ QUAL SOVRA ‘L VENTRE E QUAL SOVRA LE SPALLE
Fonti: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970
Inferno, Natalino Sapegno, La Nuova Italia Editrice 1968, 2^ edizione ricomposta