Li tuoi ragionamenti là sian corti

17^ canto dell’Inferno.

Gli usurai.

Nel settimo cerchio dell’Inferno. Terzo girone. Virgilio dice a Dante: «Affinché ti porti via una cognizione completa di questo girone, va’, e vedi la loro condizione. I tuoi dialoghi là siano brevi; intanto che torni, converserò con questa, affinché ci presti le sue spalle robuste».

Gli usurai, collocati dal poeta nel terzo girone di questo cerchio, si macchiarono di uno dei peccati a lui più invisi. Costoro sono rappresentati raccolti sulla sabbia rovente, e manifestano il loro dolore attraverso copiose lacrime, mentre agitano di continuo le mani, illudendosi di potersi difendere dalla pioggia di fuoco. Portano al collo una borsa con lo stemma nobiliare della famiglia, sulla quale il loro guardo si fissa con cupidigia, e questo stemma, rappresentando il simbolo del loro mestiere, testimonia nello stesso tempo il loro bieco attaccamento al denaro.

Su di loro il Getto si espresse in tal modo: “Le mani che Dio attraverso la natura ha voluto strumenti di lavoro, di quell’arte che gli usurai hanno bestemmiato, rimaste inerti in vita, sono condannate nell’eternità, per stupendo contrappasso, ad agitarsi in una vana difesa: un agitarsi in cui è perduta la dignità miracolosa prerogativa, di trasformatrice del mondo e di suggellatrice, nell’arte, di nuovi mondi”.

Come detto sopra, costoro sono da Dante considerati con disprezzo estremo, il quale viene mostrato nella loro connotazione prettamente animalesca, per mezzo di raffigurazioni riguardanti animali come il leone, l’oca, la scrofa e i capri sulle loro borse di diversi colori. Da ultimo, un particolare di non secondaria importanza: questi dannati sono quasi tutti cittadini di Firenze.

@ LI TUOI RAGIONAMENTI LÀ SIAN CORTI

Fonte: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970

 

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