10^ canto dell‘Inferno.
Cavalcante de’ Cavalcanti.
Nel sesto cerchio dell’Inferno, la città di Dite. Cavalcante de’ Cavalcanti dice a Dante: «Se tu vai attraverso questa prigione tenebrosa per eccellenza di intelletto, dov’è mio figlio? e perché non è con te?».
Cavalcante de’ Cavalcanti, collocato dal poeta in questo cerchio tra gli eretici e gli epicurei, fu un nobile fiorentino vissuto alla fine del Duecento (morì intorno al 1280), imparentato con i Guidi e i Salimbeni. Da Guelfo quale fu, e podestà di Gubbio nel 1257, subì gli effetti di quanto avvenne nella battaglia di Montaperti del 1260, quando gli odiati Ghibellini danneggiarono le sue case di San Pier Scheraggio nel Mercato Nuovo a Firenze. Fu costretto all’esilio a Lucca, e rientrò nella sua città dopo il 1266.
Di lui Boccaccio scrisse: “Fu leggiadro e ricco cavaliere, e seguì l’oppinion d’Epicuro in non credere che l’anima dopo la morte del corpo vivesse e che il nostro sommo bene fosse ne’ diletti carnali”.
L’apparizione improvvisa di questo personaggio, “padre di quel Guido, filosofo e poeta, che di Dante era stato il primo e il più caro amico al tempo dei suoi amori e delle sue esperienze letterarie giovanili”, per il Sapegno, che interrompe momentaneamente il ‘botta e risposta’ tra Dante e Farinata degli Uberti, si insinua con mirabile equilibrio in quel dialogo, senza però minarne l’intrinseca drammaticità, sia per gli argomenti trattati, sia per il luogo in cui si svolge.
@ LE SUE PAROLE E ‘L MODO DE LA PENA
Fonti: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970
Inferno, Natalino Sapegno, La Nuova Italia Editrice 1968, 2^ edizione ricomposta