9^ canto dell’Inferno.
L’inviato celeste.
Tra il quinto e il sesto cerchio dell’Inferno. Là dove il poeta e Virgilio sentono dire da un inviato celeste: «O espulsi dal Paradiso, esseri disprezzati da Dio, da dove nasce questa presunzione che si annida in voi? Perché fate opposizione a quella volontà a cui non può essere mai impedito lo scopo, e che molte volte vi ha aumentato il dolore?».
Tale personaggio, collocato da Dante all’entrata della città di Dite, da lui non nominato espressamente e identificato in un inviato celeste, viene in soccorso ai due poeti per aprire loro la porta della città di Dite, dopo che i diavoli l’hanno chiusa in faccia a Virgilio con un’arroganza non nuova, poiché in passato avevano osato mostrarla davanti alla porta dell’Inferno.
Questi ha rappresentato uno degli enigmi più celebri dell’intera Commedia, che commentatori antichi e moderni della stessa hanno cercato in tutti i modi di risolvere. Si è passati, infatti, da Ercole ad Enea, da Mosè a Giulio Cesare, fino ad Arrigo VII. Ma l’ipotesi che ha trovato più largo seguito, ed è ancora la più accreditata circa la sua precisa identificazione, è quella che ha voluto vedere in questo personaggio una figura angelica, proveniente, peraltro, non dal Paradiso, ma dal Limbo.
Che altro significherebbe, secondo i fautori di tale ipotesi, la puntualizzazione che Dante mette in bocca a Virgilio poco prima, a proposito del fatto che dopo la porta dell’Inferno intanto stava scendendo il pendio un “certo essere”? E che cosa c’è dopo la porta dell’Inferno, e dopo l’Antinferno, se non il Limbo?
Tuttavia, ipotesi a parte, l’unica certezza è che l’intervento di Dio si rese necessario dopo quello di Virgilio, perché il peccatore superasse una buona volta le proprie titubanze, proseguendo nel cammino della sua redenzione.
@ PERCHÈ RECALCITRATE A QUELLA VOGLIA
Fonte: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970