24^ canto dell’Inferno.
Vanni Fucci.
Nell’ottavo cerchio dell’Inferno, Malebolge. Settima bolgia. Il poeta e Virgilio sentono dire da Vanni Fucci: «Io sono caduto dalla Toscana, poco fa, in questa bolgia feroce. Mi piacque una vita di bestia e non di uomo, come il bastardo che fui; sono Vanni bestia Fucci, e Pistoia fu il mio covo opportuno».
Vanni Fucci, posto da Dante nella settima bolgia di questo cerchio tra i ladri, fu figlio illegittimo di Fuccio de’ Lazzari, nobile pistoiese. Questi si rese protagonista, nel partito dei Guelfi Neri, delle lotte civili che imperversarono per anni nella sua città. Infatti, nel 1295 venne condannato in contumacia per fatti di sangue e di brigantaggio. Il poeta lo conobbe probabilmente nel 1292, quando serviva Firenze contro Pisa.
A proposito del furto che egli perpetrò nella cappella di san Iacopo della Cattedrale di Pistoia, il Sapegno a suo tempo scrisse: “Di quel furto, avvenuto a quanto pare nel primi mesi del ’93, le cronache contemporanee e i commentatori del poema ci danno versioni incerte e discordanti. Narrano che la colpa ne fosse ingiustamente attribuita a un Rampino Foresi (o Vergellesi), che corse rischio di morire impiccato.
“Più tardi la verità del fatto venne a galla, e uno dei complici di Vanni Fucci, il notaio Vanni della Monna, fu condannato a morte; ma il principale colpevole dovette sottrarsi alla pena fuggendo; e anzi, poiché egli si duole qui d’esser trovato fra i ladri da Dante e questi finge di non sapere la causa per cui è punito in maniera così infamante, convien ritenere che la sua partecipazione al furto venisse accertata solo dopo la sua morte, avvenuta poco prima del marzo del 1300”.
@ VITA BESTIAL MI PIACQUE E NON UMANA
Fonti: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970
Inferno, Natalino Sapegno, La Nuova Italia Editrice 1968, 2^ edizione ricomposta