22^ canto dell’Inferno.
Ciampolo di Navarra.
A Malebolge, ottavo cerchio dell’Inferno. Quinta bolgia. Dove Ciampolo di Navarra dice a Virgilio: «Nacqui nel regno di Navarra. Mia madre mi mise al servizio di un signore, lei che mi aveva generato da un furfante, annientatore di sé e dei suoi beni. Poi fui membro della numerosa servitù del valente re Tebaldo; lì mi accinsi a esercitare la baratteria, della qual cosa io pago il fio in questo luogo caldo».
Tale personaggio, collocato da Dante in questa bolgia tra i barattieri, da lui non nominato espressamente e identificato in Ciampolo di Navarra, “nacque per madre d’una gentil donna di Navarra… il padre suo fu un ribaldo, il quale era distruggitore di sé e delle sue cose”, secondo il Lana, tra i primi commentatori della Commedia, che si conformò, come altri suoi contemporanei, al testo di cui sopra.
Questi è di continuo esposto allo scherno dei diavoli, ma riesce dapprima a contenere la rapace veemenza di costoro, per attrarli, infine, a quello che il poeta definisce “nuovo ludo”: una prova di abilità, dove egli ha la meglio semplicemente tuffandosi nella pece bollente, scomparendo alla vista.
Se al tempo del poeta Benvenuto da Imola, anch’esso tra i primi commentatori dell’opera dantesca, suppose che Dante lo avesse conosciuto a Parigi ritenendolo uno dei peggiori barattieri della sua epoca, per il Pagliaro, più recentemente, Ciampolo “qualifica la baratteria nel suo tipico aspetto umano di furberia e astuzia faccendiera, di contro alla versione grossolana e animalesca, rappresentata dai diavoli stupidi, crudeli e mentitori a vuoto”, che inseguono “una preda per essi intangibile (Dante e il suo duca) non si sa con quale proposito”.
@ MIA MADRE A SERVO D’UN SEGNOR MI PUOSE
Fonte: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970