20^ canto dell’Inferno.
Manto.
Nell’ottavo cerchio dell’Inferno, Malebolge. Quarta bolgia. Il poeta sente dire da Virgilio: «E quella che nasconde il petto, che tu non vedi, con le trecce sciolte, e dal lato di dietro ha ogni parte del corpo coperta di peli, fu Manto, che andò errando per molte regioni; in seguito si pose in stabile dimora là dove io nacqui…»
Figura della letteratura latina, Manto, collocata da Dante nella quarta bolgia di questo cerchio tra gli indovini, è un personaggio citato nelle Metamorfosi di Ovidio (VI 157-162), quando sollecita le donne di Tebe a venerare Latona contro il divieto di Niobe, e nella Tebaide di Stazio (IV 463-585), quando aiuta il padre Tiresia durante le suppliche alle divinità infernali e le cerimonie per i vaticini.
Da questo personaggio, il poeta, per bocca di Virgilio, prende spunto per una digressione di carattere storico-geografico su Mantova. In breve, Manto, dopo che suo padre morì e la città sacra a Bacco divenne serva, andò a lungo per la terra. Mentre passava per una bassura lacustre, la vergine selvaggia vide la terraferma, nel centro della palude, senza vegetazione e priva di abitanti. Lì, per evitare ogni convivenza di uomini con altri uomini, si fermò con i suoi schiavi e familiari per esercitare le sue pratiche magiche, e trascorse la vita, e vi lasciò il suo corpo privo dell’anima.
Poi gli uomini che erano dispersi intorno si radunarono in quel luogo, che era sicuro a causa della palude che aveva tutto intorno. Costruirono la città sopra quelle ossa morte; e in onore di colei che scelse per prima il luogo, la chiamarono col nome di Mantova senza altre pratiche divinatorie. «Perciò ti avverto che, se tu mai senti raccontare in altro modo l’origine della mia città, nessuna falsa narrazione alteri la verità», conclude Virgilio. E non a caso diversi commentatori della Commedia, antichi e moderni, hanno interpretato questo passo come un tentativo, da parte sua, di discolpare la città dall’accusa di essere debitrice a una maga circa la propria origine ed esistenza.
@ MANTO FU, CHE CERCÒ PER TERRE MOLTE
Fonte: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970