20^ canto dell’Inferno.
Anfiarao.
Nell’ottavo cerchio dell’Inferno, Malebolge. Quarta bolgia. Virgilio dice al poeta: «Alza la testa, alza, e vedi colui davanti al quale si aprì la terra sotto gli occhi dei Tebani; per cui tutti gridavano: “Dove precipiti, Anfiarao? perché abbandoni la guerra?”. E non cessò di cadere a precipizio fino a Minosse che ha in potere ciascuno. Guarda che ha trasformato le spalle in petto; perché pretese di vedere troppo davanti, rivolge lo sguardo di dietro e cammina all’indietro».
Figura del mito classico, Anfiarao, collocato da Dante nella quarta bolgia di questo cerchio tra gli indovini, fu poeta e indovino. Sposò di Erifile, sorella del re di Argo, Adrasto, da cui ebbe due figli, Alcmeone e Anfiloco. Non volendo prendere parte alla guerra contro Tebe, detta “dei Sette Re”, poiché era sicuro che vi avrebbe perso la vita, si nascose in un luogo conosciuto solo dalla moglie.
Ma costei lo disse a Polinice, corrotto dalla collana di Armonia, apportatrice di sventure a chi ne fosse venuto in possesso, di proprietà della moglie di Polinice, Argia. Così scoperto, Anfiarao dovette partecipare giocoforza alla guerra contro Tebe, nella quale, dopo varie schermaglie preliminari, fu inghiottito dalla terra, d’un tratto apertasi in una profondissima fenditura, giungendo pertanto ancora vivo nell’Ade. In seguito fu vendicato dal figlio, che uccise la propria madre.
Il mito di Anfiarao e di Erifile godette di grande fortuna nell’antichità greca e romana. Dante lo conobbe grazie alla Tebaide di Stazio, della cui opera è uno dei personaggi principali.
@ DRIZZA LA TESTA, DRIZZA, E VEDI A CUI
Fonte: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970