Pàrtiti, bestia, ché questi non vene

12^ canto dell’Inferno.

Il Minotauro.

Nel settimo cerchio dell’Inferno. Primo girone. Virgilio dice al Minotauro: «Forse tu credi che qui ci sia il condottiero di Atene, che fra i vivi ti causò la morte? Allontanati, bestia, perché questi non è istruito da tua sorella, ma va per conoscere le vostre pene».

Figura del mito classico, il Minotauro, posto da Dante nel primo girone di questo cerchio, nacque a Creta dall’accoppiamento tra Pasife, moglie del re Minosse, con il toro sacro a Poseidone, che venne nascosto proprio da Minosse nel labirinto realizzato dall’artefice Dedalo, dove successivamente verrà ucciso da Teseo. La presenza del Minotauro all’inizio di questo girone ha indotto gli esegeti danteschi, antichi e moderni, a domandarsi quale fosse il suo compito, quindi a quale allegoria occorresse ascriverlo.

Divergenze di opinioni si sono riscontrati, a tal proposito, tra i primi commentatori della Commedia e quelli più vicini a noi. I primi vedevano il Minotauro come simbolo delle tre specie della “violenza che procede da malizia o da bestialità” (il Buti) e, pertanto, era considerato come il custode del settimo cerchio latu sensu, così come Gerione, quale simbolo della frode, fu ritenuto il guardiano di tutto l’ottavo.

Invece, gli studiosi moderni, il Sapegno su tutti, non hanno visto il Minotauro quale mero custode del settimo cerchio per intero, ma solamente del pendio franoso di accesso alla città di Dite, anche se di recente la critica è tornata sulle posizioni degli antichi commentatori.

@ PÀRTITI, BESTIA, CHÉ QUESTI NON VENE

Fonti: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970

 

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