9^ canto dell’Inferno.
La leggenda sulla discesa di Virgilio all’Inferno.
Nel quinto cerchio dell’Inferno. Virgilio dice al poeta: «Raramente accade che qualcuno di noi compia il cammino per il quale io procedo. Sta di fatto che un’altra volta sono stato all’Inferno, costretto con scongiuri da quella Eritone feroce che chiamava di nuovo le anime dei morti nei loro corpi».
La leggenda della discesa di Virgilio all’Inferno fu molto popolare nel Medioevo. Questa si fondava sul fatto che costui rientrasse a pieno titolo nell’ampio stuolo dei magi che popolavano il mondo antico. Leggenda, peraltro, che qualche commentatore della Commedia vide accennata in diversi luoghi dell’Inferno, il primo dei quali nel passo sopra citato.
Fin qui i riferimenti, verso i quali altri commentatori hanno parlato invece di ‘occhio disattento’. A partire da Pietro, il figlio di Dante, da Benvenuto da Imola e dal Lana, costoro si sono trovati concordi nel ritenere la discesa una mera invenzione letteraria suggerita loro, aggiungono altri, da un’analoga circostanza esistente nell’Eneide, dove la Sibilla, guida di Enea, racconta a costui di essere già scesa un’altra volta nell’Ade, insieme a Ecate.
Per cui, il riferimento all’intervento di Eritone, per esempio, non sarebbe altro che un artificio creato ad hoc dal poeta, per rendere attendibile la preventiva conoscenza di Virgilio dei luoghi da attraversare. Infatti, ci si è chiesto, in quale altro modo la guida spirituale di Dante avrebbe potuto accompagnare speditamente il poeta nei meandri dell’Inferno, se non lo avesse già visitato?
Tuttavia, a fine ‘800, la secolare querelle sul Virgilio – mago fu chiusa dal Comparetti, nel suo Virgilio nel Medio Evo (1872), che ammoniva: “… è un errore ben grande… il pensare, come ha fatto qualche commentatore antico e quasi tutti i moderni, a quelle leggende a proposito del Virgilio dantesco. Dante non ne ha tenuto il menomo conto, e non c’è luogo nel suo poema in cui pur da lontano Virgilio apparisca come mago e taumaturgo o si accenni in qualche maniera a quanto si pensò su di lui in tal qualità”.
@ VER È CHʼALTRA FIATA QUA GIÙ FUI
Fonte: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970