Dimmi se Romagnuoli han pace o guerra

27^ canto dell’Inferno.

La situazione politica della Romagna.

Nell’ottavo cerchio dell’Inferno, Malebolge. Ottava bolgia. Il poeta dice a Guido da Montefeltro: «O anima che sei celata là in basso, la tua Romagna non è, e non è mai stata, senza guerra nei cuori dei suoi tiranni; ma ora palesemente non ve ne ho lasciata nessuna. Ravenna sta com’è stata per molti anni: l’aquila dei da Polenta la tiene sotto di sé, così che con le sue ali protegge Cervia.

«La città che già resisté a lungo all’assedio e compì la cruenta strage di Francesi, è dominata dagli artigli del leone verde. E il vecchio e il giovane mastino da Verucchio, che trattarono crudelmente Montagna, trasformano i denti in succhiello là dove erano soliti farlo. Le città del Lamone e del Santerno le governa il leoncino azzurro in campo bianco, che cambia fazione dall’estate all’inverno. E quella cui il Savio lambisce il lato occidentale, così come essa è situata tra la pianura e l’Appennino, vive in uno stato di mezzo tra la signoria e il governo libero. Ora ti prego di dirci chi sei; non essere restio a parlare più di quanto io sia stato con te, possa la tua nomea resistere fra gli uomini all’assalto del tempo».

Questa breve rassegna delle città romagnole operata da Dante si sviluppa con un linguaggio fortemente allusivo, con l’utilizzo di due specie di riferimenti: le immagini tipicamente zoomorfe, che si evidenziano sulle insegne nobiliari dei tiranni, peraltro mai nominati, e quelle riguardanti i fiumi Lamone, Santerno e Savio, per designare rispettivamente le città di Faenza, Imola e Cesena.

@ DIMMI SE ROMAGNUOLI HAN PACE O GUERRA

Fonte: Enciclopedia dantesca, Treccani 1970

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