13^ canto dell’Inferno.
Quarta parte.
“La prostituta che mai distolse gli occhi disonesti dalla corte dell’imperatore, rovina comune degli uomini e peccato delle corti, istigò contro di me gli animi di tutti; e gli istigati istigarono a loro volta l’imperatore, che gli onori che sono causa di letizia si mutarono in mesti dolori. Il mio animo, per il piacere che si cerca nella soddisfazione di un pieno sdegno, immaginando con la morte di sfuggire il disprezzo, mi rese ingiusto contro di me innocente. In nome delle strane radici di questa pianta vi giuro che non fui mai infedele al mio signore, che fu così meritevole di alta reputazione. E possa qualcuno di voi ritornare fra gli uomini, rianimi la mia fama, che è prostrata anche ora per il dolore che le inferse l’invidia”.
Indugiò un poco, e poi il poeta mi disse: “Dal momento che egli si astiene dal parlare, non perdere tempo; ma parla, e chiedi a lui, se altro desideri”.
E io a lui: “Domandagli tu di nuovo su quel che reputi che mi accontenti; poiché non potrei, tanta compassione mi addolora”.
@ L’ANIMO MIO, PER DISDEGNOSO GUSTO