1^ canto dell’Inferno.
Quarta parte.
E qual è quegli che di buona voglia accumula ricchezze, e arriva il momento che gli fa perdere il profitto, che soffre e si rattrista in tutti i suoi pensieri; tale mi rese la bestia priva di pace, che, incalzandomi, gradualmente mi risospingeva là dove c’è l’ombra della selva. Frattanto che precipitavo a valle, mi si offrì allo sguardo colui che per l’oscurità del pendi non illuminato appariva indistinto. Quando vidi costui nel solitario pendio, lo implorai: “Abbi pietà di me, chiunque tu sia, o mera apparenza o persona in carne ed ossa!”.
Mi rispose: “Non sono un uomo, un uomo già lo fui, e i miei genitori furono dell’Italia settentrionale, ambedue mantovani quanto alla città di origine. Venni al mondo ai tempi di Cesare, quantunque fosse dopo il tempo conveniente, e vissi a Roma durante il principato del valente Augusto nel tempo degli dèi mendaci e contrari alla verità. Fui poeta, e scrissi in versi intorno a quel giusto figliolo di Anchise che venne da Troia, dopo che la superba Ilio fu bruciata. Ma tu perché ritorni verso tanta angoscia? perché non ascendi il dilettevole colle che è inizio e causa di ogni gioia?”.
@ TAL MI FECE LA BESTIA SANZA PACE
Grande Carlo . . . Sommo Dante!
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